L'autrice del precedente NOS GUERRES IMPRUDENTES, documentario presentato a Locarno con successo nel 1955, dice di non amare particolarmente il genere. Eppure, la finzione che la regista libanese afferma di prediligere è proprio il punto debole di questo LES INFIDELES: mentre il suo modo di inserirla in una realtà autentica, quella del Cairo e dei suoi dintorni al tempo stesso ricchi d'umanità, infidi di tensioni e di sospetti latenti, è il suo lato più interessante.Omosessualità (quella del desiderio che nasce tra un delegato dell'Ambasciata francese e Jean-Marc Barr, estremista, integralista religioso che accetta di informare i cristiani a condizione che venga liberato il suo amico detenuto a Parigi) come amore-odio nei confronti del nemico. Come emarginazione nei confronti di un potere totalitario, della sopraffazione del dogma sull'individui.
Ma gli attori sono diretti approssimativamente: quindi finiscono per esserci, se non proprio antipatici, indifferenti. Come i due protagonisti, la sorte dei quali non ci preoccupa più di tanto: per non dire della macchietta borghese rappresentata dalla moglie del funzionario.
La costruzione, pure lei, non è un massimo di limpidezza. Rimane il coraggio dell'impresa, fra l'ostilità locale ed il risentimento dei francesi. Che proprio non ci tengono ad apparire altrettanto cinici e corrotti dei figli degenerati dell'Islam...